Non è raro che l’INPS comunichi ai beneficiari di pensioni o assegni sociali di aver erroneamente corrisposto in loro favore dei ratei mensili o importi superiori rispetto a quelli dovuti. Quando ciò accade, l’Ente previdenziale chiede al pensionato/beneficiario della prestazione la restituzione del pagamento indebito, assegnando un termine per il pagamento, decorso il quale, molto spesso, procede direttamente al recupero delle somme detraendole – anche un po’ al mese – dalle rate della pensione o dell’assegno sociale che continua a corrispondere.
È bene, però, sapere che l’INPS
non può procedere incondizionatamente al recupero del così detto “indebito
pensionistico” o “indebito assistenziale”; può farlo solo in presenza di
determinate condizioni, tra cui, principalmente, la presenza del “dolo” del
beneficiario della prestazione. Il dolo consiste in un comportamento tenuto dal
percettore della prestazione pensionistica o assistenziale idoneo a far cadere
in errore l’Istituto previdenziale: si pensi, ad esempio, al beneficiario della
pensione di invalidità, che spetta solo a chi percepisca un reddito personale
inferiore ad un determinato importo, che ometta di comunicare all’INPS un
incremento dei propri redditi tale da far venire meno il diritto alla pensione
stessa.
In assenza di dolo, quindi, l’INPS
non ha diritto di recuperare le somme pagate in eccesso, anche se esse
risultino effettivamente non dovute; in altri termini, se l’INPS paga una
prestazione non dovuta per un errore proprio, a cui il beneficiario della
prestazione non ha contribuito in alcun modo, le somme indebite pagate restano
definitivamente acquisite da chi le ha ricevute.
A tal proposito, segnaliamo
una recentissima sentenza della Sezione Lavoro del Tribunale di Reggio Calabria
(la n. 1193 del 03/06/2021), con cui è stato accolto il ricorso presentato dai
legali della Casa del Consumatore di Reggio Calabria nell’interesse di una
propria associata, a cui l’INPS, per errori di calcolo, aveva corrisposto, tra
il 2015 e il 2019, la pensione di invalidità in misura superiore a quella
dovuta. Investito della questione, il Tribunale di Reggio Calabria ha
condannato l’INPS alla restituzione di tutte le somme già prelevate per il
recupero dell’indebito, in virtù del fatto che «atteso che l’ente previdenziale
non ha allegato che la percipiente versi in dolo, l’indebito assistenziale, per
carenza dei requisiti reddituali, non consente all’Istituto la ripetizione di
quanto erogato prima del provvedimento di accertamento del venir meno dei
presupposti, sicché l’indebito non era ripetibile e l’INPS va condannato a
restituire l’importo che ha già recuperato».