Siamo aperti dal lunedì al venerdì dalle 15:30 alle 18:30. La mattina si riceve per appuntamento.

La sede si trova a Reggio Calabria, in Via del Torrione n. 42. Potete contattarci al numero 0965.29805 o via e-mail all'indirizzo casadelconsumatore.rc@gmail.com. Legali della sede: Francesca Giordano, Pia Maria Gullì, Vincenzo Mangione, Dario Minniti, Giampaolo Puglia, Mario Scafidi.

mercoledì 30 marzo 2016

Facebook: pensiamo bene a cosa abbiamo scritto prima di cliccare su “condividi”



È ormai costume diffuso quello di scrivere un po’ tutto ciò che ci passa per la testa sui vari social network a cui siamo iscritti e ai quali dedichiamo molto tempo delle nostre giornate.
È altrettanto comune il senso di assoluta libertà di espressione che viene percepito dagli utenti dei social, i quali assai spesso si permettono determinate esternazioni che per strada si guarderebbero bene dal fare.
Attenzione, però, che lo spazio che ci ritagliamo in internet (anche dietro nickname che solo apparentemente celano la nostra vera identità) non è uno spazio irreale e parallelo alla vita di tutti i giorni, per cui siamo sempre chiamati ad assumerci la responsabilità di ciò che digitiamo sulle nostre tastiere e pubblichiamo online.
Offendere la reputazione di una persona tramite social network costituisce reato, così come quando lo si fa nel mondo non “virtuale”, anzi, il reato di diffamazione tramite social network costituisce un’ipotesi aggravata, perché lo strumento che consente di divulgare online il nostro pensiero ha tutte le potenzialità di raggiungere un numero incalcolabile di utenti che possono leggere ciò che scriviamo, il che rende le conseguenze penali delle nostre affermazioni ben più gravi.

COSA PREVEDE LA LEGGE:
L’art. 595 del Codice Penale testualmente dispone: “Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 1.032.
Se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a euro 2.065.
Se l'offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a euro 516.
Se l'offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza o ad una autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate”.

UNA RECENTE SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE:
La quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8328 del 1° marzo 2016, ha affermato (ribadendo quanto già detto in precedenti pronunce succedutesi nel tempo sin dall’anno 2000) che “La condotta di postare un commento sulla bacheca Facebook realizza la pubblicizzazione e la diffusione di esso, per la idoneità del mezzo utilizzato a determinare la circolazione del commento tra un gruppo di persone, comunque, apprezzabile per composizione numerica, di guisa che, se offensivo tale commento, la relativa condotta rientra nella tipizzazione codicistica descritta dall'art. 595 c.p., comma 3”. In altri termini: denigrare la reputazione di qualcuno tramite Facebook (o altro social network) integra il reato di diffamazione nella forma aggravata, con applicazione della pena della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a € 516,00, analogamente a quanto avviene per la diffamazione a mezzo stampa o con atto pubblico o con qualsiasi strumento di pubblicità. Non si trascuri, inoltre, il fatto che, oltre all’applicazione delle pene suddette, l’autore del reato di diffamazione è esposto anche all’obbligo di risarcimento del danno morale subito dalla vittima.

venerdì 25 marzo 2016

I falsi miti sul canone Rai



Dal prossimo mese di luglio, come tutti ormai sanno, il canone Rai sarà addebitato a rate nelle bollette della luce.
In molti si sono rivolti ai nostri sportelli chiedendo delucidazioni in merito all’obbligatorietà del canone e alle modalità per evitarne il pagamento.
Chiariamo sin da subito che il canone Rai costituisce un tributo erariale previsto dalla legge (R.D.L. n. 246/1938), per cui è diverso dai vari canoni di abbonamento ai servizi televisivi a pagamento (es. Sky, Mediaset Premium, Netflix), che rappresentano controprestazioni contrattuali dovute solo se si sceglie di abbonarsi a quel particolare servizio televisivo.

I FALSI MITI DA SFATARE:
Ecco, dunque, partendo da tale presupposto, quali falese convinzioni vanno assolutamente fugate:
1) La Rai si sovvenziona, così come le televisioni private, attraverso gli spazi pubblicitari che interrompono la visione dei programmi;
2) Non guardo i canali Rai e sarei disponibile al loro oscuramento;
3) Usufruisco del servizio televisivo soltanto in streaming attraverso il pc;
4) Posseggo la tv ma la tengo spenta.
Sono queste le principali argomentazioni che ci vengono rappresentate da chi malvolentieri si trova costretto a pagare il canone Rai, complice anche una cattivissima informazione su internet (dove ognuno può scrivere quel che vuole, spesso suggestionando con le proprie teorie i meno informati).
Va detto subito: si tratta di circostanze del tutto irrilevanti. Il canone Rai, infatti, non è legato alla concreta fruizione del servizio televisivo, né rappresenta una controprestazione per la visione della programmazione dei canali Rai, così come accade per i servizi televisivi a pagamento.
Si tratta, al contrario, di una tassa dovuta per la semplice detenzione di un apparecchio potenzialmente idoneo o adattabile alla ricezione delle radioaudizioni. È un po’ come il bollo auto, facendo, ovviamente le debite distinzioni: se posseggo un veicolo devo pagarlo, anche se, di fatto, tengo la mia macchina prevalentemente parcheggiata.
Ecco, infatti, cosa dice l’art. 1, co. 1, del R.D.L. n. 246/1938: “Chiunque detenga uno o più apparecchi atti od adattabili alla ricezione delle radioaudizioni è obbligato al pagamento del canone di abbonamento, giusta le norme di cui al presente decreto”. Qui l’elenco delle apparecchiature che rendono obbligatorio il pagamento del canone tv.

UNA RECENTE PRONUNCIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE:
Nello scorso mese di febbraio, la Corte di Cassazione, proprio sulla base di tale regola di diritto, è stata chiamata a pronunciarsi su una controversia tra un contribuente e l’Agenzia delle Entrate  in merito alla tenutezza al pagamento del canone TV, in presenza di una richiesta di oscuramento dei canali Rai da parte del contribuente, affermando che: “la richiesta di oscuramento dei canali Rai non rientra nel novero dei fatti estintivi dell’obbligo di pagamento del canone”, per cui, anche se i canali Rai non sono visibili, il possessore dell’apparecchio radiotelevisivo è comunque tenuto al pagamento del canone (Cass. Civ. ordinanza n. 1922 del 02 febbraio 2016).
Per maggiori informazioni: 0965.29805

mercoledì 23 marzo 2016

Conguagli pazzi nelle bollette di energia elettrica: se il Gestore non giustifica le somme questi non sono dovuti e la fornitura non può essere distaccata.



Un altro successo per la difesa dei diritti dei consumatori.
È di qualche giorno fa la pubblicazione dell’ordinanza con cui il Tribunale di Reggio Calabria, in accoglimento del ricorso ex art. 700 c.p.c. proposto dai legali della sede reggina della Casa del Consumatore, ha ordinato al Gestore del servizio elettrico di mantenere l’erogazione dell’energia presso l’utenza di un consumatore che si era visto recapitare una fattura di conguaglio eccessivamente onerosa.

IL CASO IN BREVE
La questione ha riguardato un associato della Casa del Consumatore di Reggio Calabria, che aveva ricevuto una fattura di conguaglio dell’importo di oltre 4.000 Euro, dovuta – a dire del Gestore – ad un ricalcolo dei consumi a seguito di sostituzione del contatore, avvenuta senza alcun preavviso e in assenza dell’utente.
Inutile, vista la rigidità della società fornitrice del servizio elettrico, si era rivelato lo scambio di corrispondenza diretto ad ottenere lo storno o, quantomeno, il ricalcolo degli importi fatturati. Il Gestore, infatti, aveva deciso di chiudere ogni possibilità di dialogo insistendo nel pretendere il pagamento dell’assurda somma fatturata, al netto di un ricalcolo al ribasso di qualche centinaio di Euro.

LA DECISIONE DEL TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA
Con l’ordinanza che ha definito il procedimento n. 3701/2015 R.G., il Tribunale di Reggio Calabria ha dato ragione all’utente sotto tutti i punti di vista, affermando alcuni importanti principi.
Si legge nel testo dell’ordinanza: Sotto il profilo del fumus boni iuris della chiesta cautela […] appare di primaria importanza stabilire su chi gravi l’onere probatorio nei casi di contestazione di importi fatturati dall’ente gestore nell’ambito di rapporti di somministrazione di utenze. Secondo consolidata giurisprudenza, formatasi in analoga materia relativa a contratto di somministrazione di utenza telefonica, “l’obbligo regolamentare del gestore di effettuare addebiti di traffico sulla base delle indicazioni del contatore centrale non può risolversi in un privilegio probatorio, basato sulla non contestabilità del dato recato in bolletta, incombendo al gestore dimostrare la corrispondenza tra il dato fornito dal contatore e il dato trascritto nella fattura[…]” (cfr., tra le tante, Cass. Civ. n. 17041/2002, Cass. Civ. n. 10313/2004), principio che appare, nel caso di specie, ulteriormente avvalorato dalle modalità di asporto del contatore, sostituito senza alcun preavviso e in assenza del ricorrente: tali circostanze, infatti, oltre che ledere il diritto al contraddittorio dell’odierno istante, hanno di fatto impedito allo stesso di poter verificare l’esattezza della rilevazione del contatore e conseguentemente contestare i consumi addebitati. […]Sussiste anche il requisito del periculum in mora, giacché la fornitura di energia elettrica nel caso di specie è per uso domestico e costituisce quindi un servizio essenziale per la persona, essendo tesa a soddisfare esigenze di vita primarie che, in caso di depotenziamento o distacco della fornitura, verrebbero compromesse; risulta dunque di tutta evidenza come la materia oggetto del contendere involga anche interessi di natura non prettamente patrimoniale, ma inerenti un bene essenziale della vita quotidiana e, per ciò stesso, suscettibili di tutela cautelare”. Ha, ancora, precisato il Giudice reggino che, in presenza di bollette eccessivamente onerose, quando vi sia fondato motivo di ritenere che gli importi non sono esatti, sussistono i presupposti per agire in via d’urgenza dinanzi al Tribunale per ottenere l’ordine di inibizione al depotenziamento/distacco della fornitura elettrica per uso domestico, atteso che “l’irreparabilità del pregiudizio può ritenersi esclusa solo quando il sacrificio economico richiesto è esiguo”.
Per maggiori informazioni: 0965.29805.